LA VERGINE ADORA IL FIGLIO, di MASOLINO da PANICALE, grande incis. rame ,1855

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Product description: .     LA VERGINE CHE ADORA IL FIGLIO,    di   MASOLINO DA PANICALE (1383-1447) ,  disegno di F. Calendi , incisione su rame di  D. Chiossone .          Il dipinto originale è conservato nella Galleria dell'Accademia di Firenze ( all'epoca della stampa era denominata Galleria dell'Imperiale e Reale Accademia delle Belle Arti di Firenze).       Bella stampa risalente al 1845 e ristampate una sola volta  nel 1855 in occasione della premiazione della raccolta di incisioni all'Esposizione Universale di Parigi con medaglia di  prima classe .  Ottime condizioni, controllare le immagini.     Grande formato della stampa finale. Incisione su lastra di rame su carta sottile, incollata su altro cartoncino prima di inserirla sotto la pressa. La misura del foglio è di cm. 47x34 , la misura dello schiaccio è di cm. 26x21,5  circa.        Il foglio è molto grande e supera le dimensioni del mio scanner,nonostante abbia il formato A3. Per questo ci sono anche due immagini della stampa dai due bordi laterali, per far vedere l'ampiezza dei margini.     Dato che il procedimento dell'epoca , usato anche da altri autori e in altri ambienti artistici, prevedeva comunque l'incollaggio di 2 carte tra di loro,una sottile su di una più robusta,  la stampa va trattata con la massima cura .

Masolino da Panicale Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigation Jump to search Tommaso di Cristoforo Fini

Tommaso di Cristoforo Fini , noto come Masolino da Panicale  (Panicale , 1383  – Firenze , 1440 /1447 ), è stato un pittore  italiano .

Per molti anni è stato considerato il maestro di Masaccio , del quale era effettivamente più anziano, mentre oggi la critica è sostanzialmente orientata a credere che il loro rapporto fosse basato su una semplice collaborazione professionale paritaria.

Indice
  • 1 Biografia
    • 1.1 Origine di Masolino
    • 1.2 Gli esordi
    • 1.3 A Empoli
    • 1.4 La collaborazione con Masaccio
      • 1.4.1 La Cappella Brancacci
    • 1.5 Il viaggio in Ungheria
    • 1.6 Le opere romane
    • 1.7 A Castiglione Olona
  • 2 Fortuna critica
  • 3 Opere principali
  • 4 Note
  • 5 Bibliografia
  • 6 Voci correlate
  • 7 Altri progetti
  • 8 Collegamenti esterni

Biografia [ modifica  |  modifica wikitesto ]

Origine di Masolino [ modifica  |  modifica wikitesto ] Banchetto di Erode , alla Collegiata di Castiglione Olona (Varese).

I primi quarant'anni della sua vita restano un mistero; persino il luogo di nascita è oggetto di discussioni. Vasari identifica - per alcuni storici in modo approssimativo - il luogo natale con Panicale in Valdelsa, località inesistente e della quale non si ha alcuna traccia storica.

Secondo alcuni storici e ricercatori umbri (G. B. Vermiglioli, Brami, A. Mariotti, C. Corsetti, G. Grifoni, C. Caprini, L. Lepri), Masolino sarebbe nato a Panicale, in Umbria, nel 1383. Il contesto storico è caratterizzato dal dominio della famiglia Visconti, Signori di Milano e da Gian Galeazzo (1351-1402), che al momento della nascita del pittore, escluse Firenze e Venezia, era a capo di tutta l’Italia settentrionale e di gran parte dell’Italia centrale (compresa Perugia). Il padre di Masolino, Cristoforo Fini, identificato dal Vasari come “imbianchino”, fu per lungo tempo al fianco del giovane, occupandosi di tutte le pratiche amministrative (affitto, catasto, stipula di contratti, denuncia dei redditi, iscrizione alla corporazione dei Medici e Speziali e molto altro). La qualità e competenza con le quali Cristoforo Fini si prese cura di Masolino, fanno pensare ad una occupazione diversa da quella di semplice imbianchino, descritta dal Vasari. Seguendo questa ipotesi e considerando come i moderni critici d’arte siano unanimi nel riconoscere in Masolino tratti pittorici di impostazione lombarda, si potrebbe ipotizzare che Cristoforo Fini si trovò ad essere al servizio dei Visconti e curare i loro interessi nel territorio del perugino, forse come “gabelliere” o altro funzionario (esattore, Maestro di Posta). Dal 1303 e buona parte del secolo XIV, la famiglia Fini è citata nel Volume TUSCIA, Libro delle Decime del XIII e XIV secolo, riguardante la diocesi di Chiusi e la parrocchia di Pozzuolo; inoltre, secondo la tradizione, i Fini furono titolari o gestori, della “Posta” di Pozzuolo, che a quel tempo era molto ricca e ambita, assieme all'antica Posta della Panicarola, altra località nelle immediate vicinanze di Panicale. Secondo le ricerche degli storici umbri, è possibile che la famiglia Fini, al momento della nascita di Masolino, soggiornasse nel castello di Panicale, avamposto militarizzato sicuro, collocato tra le Poste di Pozzuolo (Umbro) e Panicarola; queste località, oggi tutte in Umbria, a quel tempo facevano parte della Toscana (Tuscia), quindi geograficamente e politicamente, legate al territorio della Val di Chiana e alla Diocesi di Chiusi, fino al 1601.

Si può supporre che il soggiorno dei Fini a Panicale fu dovuto ad un incarico temporaneo e in seguito agli eventi politici, seguiti alla caduta del regime visconteo a Perugia, abbia indotto la famiglia Fini a trasferirsi altrove, quando Masolino era ancora giovanissimo.

Panicale era in quel periodo un castello ben fortificato di grande importanza, in posizione strategica tra il territorio di Chiusi e quello di Perugia, controllato dalle milizie del consolidato capitano di ventura Boldrino da Panicale, il quale era in ottimi rapporti con il condottiere Biordo Michelotti, che i Visconti avevano destinato alla Signoria di Perugia (come spiega M. Mallet, nel suo libro Signori e Mercenari  1983). Lo stesso Boldrino venne fatto assassinare a Macerata nel 1391 dal governatore pontificio delle Marche, Andrea Tomacelli , che si era servito di lui per riportare l’ordine nello Stato Pontificio, preoccupato dalla possibile defezione del condottiero panicalese a favore dei Visconti, come già era successo durante l’assedio di Ancona.

Sulla base di questa ipotesi, è possibile ritenere che la "Panicale toscana", luogo natio di Masolino, possa essere proprio la "Panicale umbra", oggi parte del comprensorio del lago Trasimeno, in provincia di Perugia.

Ulteriori considerazioni:

  • L’archivio comunale di Panicale è andato perduto in seguito ad un incendio (caso non raro a quei tempi); il restante registro dei nati comincia solo nel 1576.
  • All’interno della collegiata di San Michele Arcangelo a Panicale, presso l’abside, si può ammirare un affresco raffigurante “L’Annunciazione della Vergine” (XV secolo), attribuito a Masolino da Panicale.

Gli esordi [ modifica  |  modifica wikitesto ] Madonna dell'Umiltà  (1423), Brema

Per quanto riguarda la sua formazione si è parlato di un apprendistato nella bottega di Gherardo Starnina  e di una successiva frequentazione di quella di Lorenzo Ghiberti  nei primi anni del Quattrocento, ma di fatto la prima notizia certa sul suo conto è del 1422 , anno in cui, stabilendosi a Firenze , prende in affitto una casa.

L'anno successivo, poi, nel gennaio 1423 , si immatricola nell'Arte dei Medici e Speziali  che fungeva anche da corporazione  dei pittori. Masaccio vi si era iscritto un anno prima, nel 1422 .

È di quella data la Madonna col Bambino  o Madonna Boni -Carnesecchi  (probabilmente ricordo di un matrimonio tra le due famiglie: alla base vi sono gli stemmi delle due famiglie e la data 1423), che oggi è conservata a Brema . L'opera è ancora molto legata agli schemi tardo gotici , ma vi si nota la ricerca di una gestualità più naturale, tratta dal quotidiano (come la posa scherzosa del Bambino) e un interesse verso una resa volumetrica più semplice e solida (come nella monumentale figura della Madonna o nelle gambe del Bambino).

Del tutto legata al gotico è invece un'altra Madonna dell'Umiltà  oggi agli Uffizi , che studi recenti datano a un periodo anteriore al 1423, prima di un qualsiasi contatto con Masaccio, dalla quale si dimostrerebbe la primitiva adesione del pittore allo stile elegante e stilizzato di Lorenzo Monaco .

A Empoli [ modifica  |  modifica wikitesto ] Masolino, Vergine col Bambino , Empoli , chiesa di Santo Stefano

Masolino è documentato a Empoli  nel 1424 , senza Masaccio, per quanto ne sappiamo. Eseguì un vasto ciclo di affreschi  nella chiesa di Santo Stefano , del quale restano solo pochi frammenti (Sant'Ivo e i pupilli  e Vergine col Bambino ). Per il battistero della Collegiata  affrescò inoltre un Cristo in pietà , oggi nel Museo della collegiata di Sant'Andrea  e la chiesa di Santo Stefano . Quest'ultima opera si caratterizza per la spiccata solidità fisica delle figure, in particolare del torso nudo di Cristo, che si erge da un sarcofago classicheggiante creato in prospettiva centrale, con il punto di fuga  al centro del petto del Salvatore. La gestualità dei dolenti inoltre cerca di superare gli stereotipi tradizionali, verso una resa più naturale dei sentimenti.

Probabilmente a quest'epoca Masolino era assistito da Francesco d'Antonio , artista minore uscito dall'orbita di Lorenzo Monaco , che ricorre spesso nei documenti con Masolino dal 1422  al 1424 .

La collaborazione con Masaccio [ modifica  |  modifica wikitesto ] Sant'Anna Metterza  (di Masolino sono lo sfondo, quattro angeli e sant'Anna)

Affermatosi come uno dei migliori pittori presenti a Firenze in quegli anni, Masolino continuò a ricevere commissioni apparentemente senza soluzione di continuità, e dovette verosimilmente ricorrere ad aiuti per far fronte alle richieste. Fu in questo periodo che dovette iniziare la collaborazione con Masaccio, il quale non ricevette commissioni indipendenti, per quanto si sia oggi a conoscenza, fino al 1426 .

Secondo i più recenti studi la sua collaborazione con Masaccio iniziò a Firenze nella cappella di Paolo di Berto Carnesecchi  in Santa Maria Maggiore . Masolino e Masaccio  operarono sul quasi completamente perduto Trittico Carnesecchi .

È ipotizzabile che il tramite del sodalizio tra i due pittori sia stato lo stesso Paolo Carnesecchi, ricco mercante ed influente uomo politico: Paolo era stato infatti in diverse occasioni console dell'Arte dei Medici e degli Speziali a cui erano immatricolati sia Masaccio che Masolino e quindi doveva conoscere entrambi. La Madonna di Brema datata 1423 ci dice che Masolino aveva già probabilmente lavorato per i Carnesecchi ; inoltre le capacità di Masaccio non potevano essere sconosciute a Paolo. Masaccio infatti era autore del trittico di San Giovenale  cioè di un'opera esposta nei dintorni di Cascia dove i Carnesecchi avevano consistenti possessi già dai primi anni del Trecento .

Probabilmente Masolino chiese al giovane collega di continuare a lavorare insieme, molto probabilmente a causa della sua imminente partenza per l'Ungheria , dove infatti si recò nel settembre 1425 , al seguito del condottiero  fiorentino Pippo Spano  e quindi per evitare di incorrere nel pagamento delle penali per il mancato rispetto dei termini di consegna di opere già precedentemente concordate con i suoi committenti.

I due pittori eseguirono la Sant'Anna Metterza , quest'ultima oggi agli Uffizi ; il centro focale di questo dipinto, almeno secondo le intenzioni di Masolino avrebbe dovuto essere la figura della Sant'Anna, ma l'intervento di Masaccio lo spostò inevitabilmente sulla Madonna col Bambino, così solida, plastica e ben proporzionata da rompere l'unità formale della tavola secondo le impostazioni originarie. Forse risale al 1423 -1424  anche la Pala Colonna , che significherebbe un primo viaggio a Roma dei due artisti al seguito di Martino V [1] .

La Cappella Brancacci [ modifica  |  modifica wikitesto ] Tentazione di Adamo ed Eva .
Lo stesso argomento in dettaglio: Cappella Brancacci .

«[Masolino] è artista sereno, amico della Grazia, narratore non possente ma piacevole e semplice»

(Pietro Toesca , Masolino da Panicale , Bergamo 1908, p. 27 )

Poco prima della partenza di Masolino venne avviata anche la decorazione della Cappella Brancacci  (1424-28) nella chiesa del Carmine ; gli interventi di restauro  eseguiti sugli affreschi hanno permesso di stabilire che i due artisti si spartirono equamente le scene da dipingere.

Sul pilastro destro della cappella Masolino dipinse la Tentazione di Adamo ed Eva ; le figure allungate ma solo astrattamente belle, con i corpi di Adamo  ed Eva  candidamente nudi e sensuali che appaiono come sospesi nel tempo e nello spazio, dimostrano chiaramente il divario stilistico tra i due pittori (esattamente sul pilastro di fronte si trova la famosa Cacciata dei Progenitori dall'Eden  di Masaccio).

Sulla parete sinistra accanto all'altare  si trova la Predica di san Pietro ; la scena si ricollega strutturalmente a quella del Pagamento del Tributo , come si può rilevare dallo sfondo delle montagne che appare quasi come un prolungamento del paesaggio eseguito da Masaccio sull'altra parete. È quindi probabile che i due pittori abbiano concordato di invertirsi le parti e perciò il resto dell'episodio sia da attribuire interamente a Masolino (la stessa linea di continuità nello sfondo infatti non è riscontrabile nella scena del Battesimo dei Neofiti  a destra della finestra eseguita invece da Masaccio). L'affresco venne dunque iniziato da Masaccio e Masolino vi inserì il gruppo di personaggi che circondano san Pietro ; di straordinaria bellezza sono le figure della monaca inginocchiata e quelle dei carmelitani in piedi anche se in generale appaiono tutte profondamente caratterizzate psicologicamente.

La scena più famosa eseguita da Masolino è la Guarigione dello storpio e resurrezione di Tabita , posta sulla parete destra in alto dal lato diametralmente opposto a quella del Tributo ; in essa vengono rappresentati due fatti distinti nello stesso luogo, collegati tra loro dai due personaggi elegantemente vestiti al centro. L'ambientazione cittadina, con i palazzi e le figure sullo sfondo (come la madre che trascina il bambino che fa i capricci) colloca l'episodio sacro in quella che avrebbe davvero potuto essere una piazza fiorentina dell'epoca, di cui viene descritta la realtà quotidiana. Per molto tempo si era creduto che questo scorcio architettonico fosse stato dipinto da Masaccio, proprio per conferire maggiore unità formale all'impianto costruttivo, ma il restauro ha invece definitivamente escluso il suo intervento, riattribuendo l'intera scena a Masolino; gli edifici in primo piano sono raffigurati secondo le moderne regole prospettiche (tanto che sul muro si trova ancora il chiodo fissato per segnare le linee di fuga tramite cordicelle) e visto che il Tributo è proprio sul lato opposto, si può addirittura arrivare a pensare che l'impostazione dei due episodi sia stata unitamente concepita dai due artisti.

Dopo la partenza di Masolino per l'Ungheria, avvenuta nel settembre del 1425 , Masaccio  rimase da solo a lavorare alla Brancacci ed il ciclo non venne mai portato a termine; già agli inizi del 1426 , infatti, egli stipulò un nuovo contratto con la chiesa del Carmine  di Pisa  per l'esecuzione di un polittico , il cui pagamento è registrato il 26 dicembre dello stesso anno.

Il viaggio in Ungheria [ modifica  |  modifica wikitesto ]

Nel settembre 1425  Masolino partì dunque per l'Ungheria, dove si trovavano già vari fiorentini, facilitati dalla presenza di Pippo Spano , che era divenuto il condottiero preferito del re. L'attività in Ungheria di Masolino è praticamente sconosciuta.

Le opere romane [ modifica  |  modifica wikitesto ] La Fondazione della basilica di Santa Maria Maggiore , Napoli

Nel 1427  egli rientrò sicuramente in Italia  e nel 1428  è a Roma , dove gli era stato commissionato il Polittico di Santa Maria Maggiore  o Pala Colonna  (1427-1428); decise perciò di richiamare nuovamente con sé Masaccio per lavorare insieme a quest'opera che dovette però completare da solo per l'improvvisa morte dell'amico, avvenuta proprio nell'estate di quell'anno. Il polittico  venne smembrato nei secoli successivi ed alcuni suoi pezzi sono ancora oggi dispersi, mentre conosciamo i sei pannelli principali che lo componevano sul lato anteriore e su quello posteriore, attualmente conservati presso diversi musei.

Gli affreschi in San Clemente

Masaccio fece dunque in tempo a dipingere solo lo scomparto laterale sinistro del lato anteriore del polittico, mentre tutto il resto è opera di Masolino; queste due figure sono in pratica l'unica testimonianza certa della sua attività a Roma.

A Roma Masolino lavorò per il cardinale Branda Castiglione , che gli affidò la decorazione degli affreschi della Cappella di Santa Caterina d'Alessandria  (1427-30), nella basilica di San Clemente . L'opera viene in genere riferita unicamente a Masolino, anche se si è recentemente ipotizzato un intervento di Masaccio nella sinopia  della Crocifissione , relativamente a due figure di cavalieri sulla sinistra, anche se viste le condizioni disastrate dell'opera appare per il momento molto difficile pronunciarsi in merito con certezza. Nel 1428  Masaccio moriva a Roma, appena ventiseienne.

A Castiglione Olona [ modifica  |  modifica wikitesto ]

Masolino sopravvisse a Masaccio per oltre un decennio; dopo aver concluso i cicli di affreschi a Roma nel 1435 , viaggiò molto, diffondendo la cultura rinascimentale con uno stile però mediato: alla tenera episodicità del gotico internazionale, a cui rimase sempre fedele, aggiunse una salda costruzione spaziale spesso con ricorso a nuovi schemi prospettici, che resero le innovazioni più comprensibili e assimilabili per gli altri artisti. In questo senso la sua figura di mediatore e diffusore dello stile rinascimentale fu fondamentale e paragonabile alle figure di Lorenzo Ghiberti  in scultura e Michelozzo  in architettura. Soprattutto in zone saldamente legate alla cultura gotica, come Siena  o l'Italia settentrionale, Masolino aprì la strada alle novità.

Per il cardinale Branda  si trasferì a Castiglione Olona , nei pressi di Varese , dove affrescò il suo palazzo (con vari soggetti tra cui spicca un Paesaggio montano , tra i primi esempi di veduta autonoma), il Battistero  (Storie del Battista ) e la collegiata  (Storie della Vergine ). In Collegiata tra i suoi collaboratori ci furono Paolo Schiavo  e il Vecchietta . Il restauro delle vele affrescate da Masolino è stato completato dalla dottoressa Pinin Brambilla nel 2003.

Il ciclo di san Giovanni Battista è quello più noto e studiato, e riproduce uno schema nella disposizione delle scene che ricalca quello della Cappella Brancacci , con le scene che si svolgono in un paesaggio continuo e unificato, aperto entro un'intelaiatura architettonica illusionistica che abbraccia il ciclo. In scene come il Banchetto di Erode  la spazialità prospettica è così evidenziata con uno scorcio lunghissimo da apparire quasi un manifesto della propria originalità rispetto alla scuola locale. Spesso gli affreschi erano decorati anche da particolari a rilievo tramite l'applicazione di pastiglia e di dorature, oggi in larga parte perduti.

Galleria dell'Accademia Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigation Jump to search  
Galleria dell'Accademia
Ubicazione
Stato   Italia
LocalitàQuartiere 1 - Centro storico di Firenze
IndirizzoVia Ricasoli 58-60
Coordinate43°46?37?N  11°15?32?E : 
Caratteristiche
TipoArte
Istituzione1784
FondatoriLeopoldo II d'Asburgo-Lorena
Apertura1784
DirettoreCecilie Hollberg
Visitatori1,719,645 (2018) [1]
Sito web

La Galleria dell'Accademia  di Firenze  è un museo statale italiano , sito in via Ricasoli  accanto all'Accademia di belle arti .

La galleria espone il maggior numero di sculture di Michelangelo  al mondo (ben sette), fra cui il celeberrimo David . All'interno del museo sono ospitate anche altre sezioni, fra cui la raccolta più vasta ed importante al mondo di opere pittoriche a fondo oro[2] , ed il Museo degli strumenti musicali , dove sono esposti molti manufatti appartenenti alla collezione storica del Conservatorio Luigi Cherubini .

È di proprietà del Ministero per i beni e le attività culturali , che dal 2014 la ha annoverata tra gli istituti museali dotati di autonomia speciale .[3]

Indice
  • 1 Storia
    • 1.1 La fondazione
    • 1.2 La Galleria Antica e Moderna
    • 1.3 Il Museo michelangiolesco
    • 1.4 Spoliazione e riarricchimento
    • 1.5 La Galleria oggi
  • 2 Sale
    • 2.1 Sala del Colosso
    • 2.2 Galleria dei Prigioni
    • 2.3 Tribuna del David
    • 2.4 Gipsoteca Bartolini (Salone dell'Ottocento)
    • 2.5 Sala del Duecento e del primo Trecento
    • 2.6 Sala dei giotteschi
    • 2.7 Sala degli Orcagna e dei loro seguaci
    • 2.8 Sala di Giovanni da Milano
    • 2.9 Sala del tardo Trecento
    • 2.10 Sala di Lorenzo Monaco
    • 2.11 Sala del Gotico internazionale
    • 2.12 Collezione delle icone russe
  • 3 Esposizioni
  • 4 Deposito
  • 5 Note
  • 6 Bibliografia
  • 7 Voci correlate
  • 8 Altri progetti
  • 9 Collegamenti esterni

Storia [ modifica  |  modifica wikitesto ]

La fondazione [ modifica  |  modifica wikitesto ] David di Michelangelo .

Nel 1784 , nei locali dell'ospedale di San Matteo e del convento di San Niccolò di Cafaggio, il granduca Pietro Leopoldo di Lorena  rifondò l'Accademia di Belle Arti , riunendo varie istituzioni, tra le quali l'antica Accademia delle arti del disegno , fondata nel 1563  da Cosimo I de' Medici . Al nuovo ente deputato all'insegnamento dell'arte venne affiancata una galleria in cui gli studenti avrebbero potuto trovare opere d'arte (originali e riprodotte) su cui basare la conoscenza, lo studio e l'imitazione per la propria formazione artistica. In quella che era la galleria maschile dell'ex-ospedale, oggi parte dell'Accademia lungo via Cesare Battisti, vennero collocati i gessi, i disegni e i modelli vari, mentre in quella che era stata la corsia delle donne (attuale Gipsoteca Bartolini/Salone dell'Ottocento) vennero sistemati i dipinti[4] .

Il nucleo originario della galleria comprendeva quindi due grandiosi modelli in gesso originali del Giambologna  (il Ratto delle Sabine , ancora in loco, e l'Allegoria di Firenze che domina Pisa , oggi in Palazzo Vecchio ), una serie di calchi in gesso moderni di opere classiche e una quadreria che nasceva dalle raccolte dell'Accademia del Disegno, con molte opere di ex-affiliati, tra cui i grandi maestri fiorentini del Manierismo [5] .

La quadreria si arricchì presto e straordinariamente dei dipinti provenienti da conventi, monasteri e altre istituzioni religiose soppressi da Pietro Leopoldo  nel 1786  e, in misura minore, da Napoleone  nel 1810 , ottenendo capolavori come le Maestà  di Cimabue  e di Giotto , la Sant'Anna Metterza  di Masaccio  e Masolino , l'Adorazione dei Magi  di Gentile da Fabriano , il Battesimo di Cristo  di Verrocchio  e Leonardo , la Cena in Emmaus  di Pontormo , ecc. Pervennero così anche numerosi dipinti del Beato Angelico , oggi nel Museo di San Marco , mentre tra le opere ancora nel museo ci sono le formelle dell'Armadio delle Reliquie  di Santa Croce  di Taddeo Gaddi , l'Annunciazione  di Lorenzo Monaco  e il Cristo in pietà  di Giovanni da Milano . Vi erano inoltre dipinti di provenienza non strettamente granducale, come la Primavera  di Botticelli [5] .

L'Accademia fu anche soggetta a spoliazioni napoleoniche  perpetrate dal direttore del Louvre Vivant Denon  e che si protrassero dal 1798 al 1815 durante l'occupazione francese. Antonio Canova  non recuperò tuttavia tutte le opere d'arte dopo il Congresso di Vienna . Nel 1811 venne prelevato il San Giovanni Battista tra sant'Antonio da Padova e sant'Antonio abate  di Andrea del Castagno  per essere esposto al Musee Napoleon, il quale poi venne spostato al Musée de Bagnères-de-Bigorre nel 1872.[6]  Nel 1812, un dipinto del Botticelli , La Vergine con Gesù Bambino e quattro angeli , spedita al Musee Napoleon. Nel 1813 la Vergine col Bambino in braccio  dipinta dall'Empoli[7]  venne spedita a Parigi al Musee Napoleon e poi Château de Maisons-Laffitte nel 1919. All'Accademia erano anche ospitate la Pala Barbadori  di Filippo Lippi , presente nella Sala dell'Accademia, e la Presentazione al tempio  di Gentile da Fabriano , entrambe spedite al Musée du Louvre .[7]

Successivamente, la Galleria intraprese nuove acquisizioni. L'importanza delle nuove acquisizioni è registrata in un inventario del 1817 . Quello stesso anno Pietro Leopoldo decise che vi venissero anche esposte le opere premiate nei concorsi accademici triennali di pittura e scultura; dal 1921  la sezione moderna venne ampliata con le opere vincitrici dei concorsi annuali di Emulazione e i saggi di Pensionato a Roma. Le collezioni spaziavano così nella documentazione della scuola toscana dal XIV al XIX secolo, con capolavori di assoluto prestigio[5] . La disposizione museografica era però ben lontana dagli standard attuali, con i dipinti che coprivano le pareti in un insieme di grande confusione, che solo nel 1841 , grazie al presidente dell'Accademia Antonio Ramirez de Montalvo , vennero riordinate in maniera cronologica. Nell'attuale Galleria dei Prigioni  vennero collocati tutte le tavole del Due e Trecento di autore ignoto o in cattivo stato di conservazione, che per il gran numero raggiungevano anche il soffitto[8] .

La Galleria Antica e Moderna [ modifica  |  modifica wikitesto ]

Con Firenze capitale d'Italia (1865-1871), avvenne uno sconvolgimento in tutti i musei cittadini, che investì anche l'Accademia, in cui venne ampliato il settore moderno con centoquarantasei opere già della Galleria Moderna del palazzo della Crocetta , che vennero sistemate in sei piccole stanze al piano primo, già sede della scuola di declamazione[8] .

Da allora la Galleria venne conosciuta come Galleria Antica e Moderna e formò il primo museo d'arte contemporanea del nuovo Stato nazionale. Grande interesse rivestivano allora soprattutto le opere moderne, per cui molti studenti facevano pervenire richieste di copia in modo da aggiornarsi alle ultime tendenze[8] .

Il Museo michelangiolesco [ modifica  |  modifica wikitesto ]

Il 1872  segna la svolta definitiva nella storia del museo, quando venne deciso di trasferirvi il David di Michelangelo , sottraendolo ai pericoli della collocazione originaria all'aperto in piazza della Signoria . Per la grande statua venne incaricato l'architetto Emilio De Fabris  di costruire una nuova Tribuna scenograficamente posta al termine della Galleria dei Quadri antichi, con l'illuminazione propria garantita in alto da un lucernario. Nell'agosto del 1873  la statua venne imbracata in un complesso carro ligneo e scorse su rotaie per le vie del centro fino all'Accademia, dove restò però chiuso nella sua cassa per ben nove anni, in attesa del termine dei lavori alla Tribuna[8] .

Nel 1875 , con le celebrazioni del IV centenario della nascita di Michelangelo  si decise di creare una mostra con le riproduzioni in gesso dei suoi capolavori scultorei, che venne naturale ambientare all'Accademia, con il fulcro del David. A tale scopo venne modificato il progetto della Tribuna che venne dotata di due bracci laterali, che collegassero le due gallerie, fino ad allora separate, dell'Angelico (cioè quella già chiamata dei Quadri antichi) e del Perugino  (già detta dei Quadri grandi). Per l'occasione il David venne spacchettato provvisoriamente, entro la tribuna allestita con tendaggi che coprissero la zona al di sopra della trabeazione ancora in fase di edificazione[8] .

Il 22 luglio 1882  il Museo michelangiolesco venne finalmente inaugurato. Attorno al David vennero collocati i calchi dei sepolcri medicei  (vestibolo), del Mosè  (braccio corto), altre opere di medio formato nel braccio destro e sotto l'arco, attorno all'unico originale e fulcro accentratore dell'intero percorso espositivo, si trovavano i calchi della Pietà vaticana , della Pietà Rondanini , del Cristo della Minerva  e dei Prigioni [9] .

Lo stesso anno la gestione della galleria passò dall'Istituto delle Belle Arti alle Regie Gallerie e Musei, facendo ben capire come la nuova tendenza fosse quella di conservazione e di documentazione storica delle opere antiche rispetto alla promozione dell'arte contemporanea. In quegli anni infatti il metodo di insegnamento tramite l'esercizio della copia divenne obsoleto e non più in linea con le istanze dell'arte contemporanea, e fu quasi naturale l'emancipazione della galleria dalla scuola artistica. In quell'occasione venne aperto il nuovo ingresso su via Ricasoli [9] .

Nel frattempo la disposizione delle opere nella Tribuna rimase invariata fino ai primi del nuovo secolo, mentre la collezione dei quadri antichi fu radicalmente riposizionata, all'insegna di un nuovo sentire che iniziava a vedere le opere d'arte non solo come oggetti esclusivamente da conservare, ma anche come opere innanzitutto di cui poter usufruire per la contemplazione estetica. Ciò comportò, durante la direzione di Cosimo Ridolfi  (1890-1903), un ciclo di restauri e sfoltimenti nella Galleria dei Quadri grandi, nella quale vennero predisposte nuove pareti lignee in modo da separare in tre comparti l'arte del Tre-Quattrocento da quella del Seicento. Inoltre vennero create tre nuove sale (oggi sale del Duecento e primo Trecento, degli Orcagna e seguaci, e dei Giotteschi) a fianco del braccio sinistro della tribuna, dove trovarono una migliore luce le opere di Botticelli  (due sale) e di Perugino  e scuola (una sala). Ciò coincise con la rivalutazione della scuola fiorentina del Quattrocento che proprio in quegli anni aveva luogo grazie alla comunità anglosassone residente in città. Botticelli in particolare, dopo gli studi di Pacher e di Horne , divenne ai primi anni del Novecento oggetto di un vero e proprio culto, generatore di grande entusiasmo nel pubblico. I dipinti del maestro, nella loro nuova, dignitosa collocazione, divennero un polo di attrazione capace di offuscare persino il David  e il Museo michelangiolesco[9] .

Poco dopo Ridolfi mise mano anche alla Galleria dei Quadri antichi, dove stavano ancora ammassati i polittici tre/quattrocenteschi. Essi vennero completamente rimossi decorando le pareti con una serie di arazzi con Storie di Adamo ed Eva , davanti ai quali vennero allineati alcuni calchi di opere minori del Buonarroti. Le opere rimosse vennero destinate nelle tre sale adiacenti al Salone (oggi Sale fiorentine), decorate e illuminate opportunamente, con la prima dedicata interamente al Beato Angelico [10] .

Spoliazione e riarricchimento [ modifica  |  modifica wikitesto ] La Galleria degli Arazzi negli anni cinquanta-sessanta

La nuova disposizione durò solo pochi anni, poiché già nel 1914 , con una nuova convenzione tra Stato e Comune, vennero riunificate tutte le raccolte di arte contemporanea e destinate, dal 1920 , a un'unica istituzione a Palazzo Pitti , la Galleria d'arte moderna ; le opere non selezionate per il nuovo museo vennero disperse in vari depositi di enti, uffici statali e comunali. Nel 1919  poi, con il riordino di tutte le collezioni in città, un nucleo di opere capitali di scuola fiorentina venne destinato agli Uffizi , e infine nel 1922  le opere di Beato Angelico  vennero destinate al nascente Museo di San Marco [10] .

Con il trasferimento delle opere contemporanee la galleria non poté più chiamarsi "Antica e Moderna", ma divenne da allora la Galleria dell'Accademia e, ancora per pochi anni, Museo michelangiolesco[10] .

Già nel primo decennio del Novecento si era nel frattempo aperta una polemica sulle copie delle sculture, innescata dalla collocazione della replica del David  in piazza della Signoria, che fece presto comprendere come la presenza dei calchi, dettata da valenze didattiche e aspirazioni positiviste , fosse ormai del tutto superata e ingiustificata. Corrado Ricci allora, da direttore delle Gallerie fiorentine, decise di far prevalere il concetto di autenticità nei criteri espositivi, allontanando la maggior parte dei gessi, esposti fin dal centenario, e riunendo piuttosto un nucleo di opere originali del Buonarroti. Fu l'occasione per trasferire i Prigioni , dei quali era già stato sollevato il problema del degrado nella Grotta del Buontalenti  a Boboli , e il San Matteo  che da anni «sonnecchiava sotto l'atrio dell'Accademia». Essi giunsero in galleria nel 1909 , aggiungendosi al Torso di fiume  che l'Accademia di Belle Arti aveva già ceduto nel 1906 . Dal Bargello  era arrivato inoltre nel 1905  il Genio della Vittoria . Queste opere sostituirono i gessi nella galleria degli arazzi, con l'eccezione dei calchi dei due Prigioni  del Louvre  ritenuti utili per completare idealmente la serie. Restavano anche i calchi delle opere maggiori attorno alla Tribuna, ma presto anche questi sembrarono inopportuni, venendo però allontanati solo nel 1938 , trovando collocazione da allora nella Gipsoteca dell'Istituto d'Arte  presso Porta Romana . I gessi dei Prigioni  lasciarono la loro sede solo nel 1946 , finendo prima a Casa Buonarroti  e infine nel Museo Casa Natale di Michelangelo Buonarroti  di Caprese Michelangelo , dove si trovavano già alcuni dei gessi del centenario, tuttora in loco[10] .

Nel 1921 , su suggerimento di Ugo Ojetti , il Genio della Vittoria  venne riportato nel Salone dei Cinquecento  a Palazzo Vecchio , mentre nel 1939  la galleria si arricchì della Pietà di Palestrina , acquistata dallo Stato italiano da una cappella Barberini a Palestrina, oggi in genere ritenuta opera della scuola di Michelangelo. Nel 1965  infine anche il Torso di fiume  cambiò sede, venendo richiesto da Charles de Tolnay  per Casa Buonarroti  in modo da completare la serie di modelli michelangioleschi[10] .

Agli anni trenta risale l'aggiunta delle sale del Colosso e dell'Anticolosso (attuale biglietteria), destinate a ospitare le pale di grandi dimensioni del Cinquecento fiorentino. Dopo la seconda guerra mondiale, col riordinamento degli Uffizi, vennero ad avanzare alcune tavole di grande formato del Perugino (Assunzione della Vergine  e Deposizione  con Filippino Lippi ), che furono accolte all'Accademia. Agli anni cinquanta, sotto la direzione di Luisa Becherucci , risale la riorganizzazione delle sale del Colosso e dell'Anticolosso, destinate a riassumere le vicende artistiche a Firenze tra Quattro e Cinquecento, che venne ridefinita solo nei primi anni ottanta, quando fu smantellata la seconda sala per fare spazio alla nuova biglietteria e alla libreria, con le opere di Pontormo , Bronzino  e Alessandro Allori  che vennero da allora collocate alle spalle delle opere di Michelangelo al posto degli arazzi, intensificando il confronto diretto tra queste opere e l'influenza michelangiolesca[11] .

La Galleria oggi [ modifica  |  modifica wikitesto ]

Le direzioni degli ultimi anni, da Luciano Bellosi  a Giorgio Bonsanti  e a Franca Falletti , hanno cercato di ridare un filo conduttore all'intera collezione del museo, arrivata a essere con le numerose sottrazioni e addizioni, piuttosto disomogenea e frammentata[11] .

Questi progetti si sono andati concretizzando con l'allestimento della sala dell'Ottocento (1983-1985, a cura di Sandra Pinto ) e le sale della pittura del tardo Trecento al primo piano (1998 ), a cura di Angelo Tartuferi : tali sale sono state riallestite in maniera più accattivante nel 2010  e vi si è aggiunta, nel 2012 , una saletta didattica. Questi interventi hanno saldato il discorso cronologico dell'esposizione coprendo un percorso continuo nell'arte fiorentina dal XIII al XIX secolo, come doveva essere nelle intenzioni originarie di Pietro Leopoldo. A ciò sono stati aggiunti l'esposizione delle icone russe settecentesche provenienti dalle collezioni dei Lorena , ospitate nel vano scale, e quella degli strumenti musicali antichi  di proprietà dell'attiguo Conservatorio Luigi Cherubini , dal 1996 . Un progetto futuro non esclude anche un accesso coordinato anche con l'altra grande istituzione culturale dell'isolato, l'Opificio delle Pietre Dure  e il suo museo [11] .

Nonostante ciò il problema che persiste nella galleria, e che vedrà magari soluzione in studi e progetti futuri, è quello della mancanza di un filo cronologico che leghi le diverse opere del museo, che appaiono oggi frammentate in sale non contigue. Inoltre la domanda del pubblico resta sempre inevitabilmente legata alla presenza del David , che da solo polarizza gran parte delle attenzioni dei numerosissimi visitatori; ciò rende chiaro anche come siano lontane dalla fattibilità le proposte di spostamento del capolavoro di Michelangelo in altre sedi come la Stazione Leopolda  per decongestionare, secondo l'idea dei proponenti, il flusso turistico del centro storico[12] [13] .

Dopo quasi quarant'anni di direzione a Franca Falletti è subentrato nel 2013  Angelo Tartuferi , il più grande esperto mondiale di arte michelangiolesca, e in particolare della statuaria del grande scultore fiorentino.,,,

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